Contraddizioni sotto l’ombrello della Nato. Il tributo che l’Ue sta pagando agli Usa.

Analizziamo la situazione della guerra russo-ucraina, tenendo presente che questo articolo viene scritto domenica 29 Maggio 2022, in un momento in cui, anche stando alle dichiarazioni dello stesso governo ucraino, la Federazione Russa appare per la prima volta in deciso vantaggio sull’esercito ucraino nell’Est del paese, con la conquista dell’intero Donbass che sembra a portata di mano e con le forze ucraine in palese difficoltà, con decine di migliaia di uomini che si sono dovuti ritirare dalle postazioni che mantenevano e più o meno altrettanti che si trovano accerchiati dalle forze russe. Ora è evidente a chi legge le pagine di questo settimanale come non solo non si abbia simpatia per l’uno o l’altro schieramento ma, anzi, si ritiene che siano entrambi espressione di una politica gerarchica e imperialistica e si simpatizza esclusivamente per chi, senza colpa, si è trovato in mezzo al tritacarne. Questa situazione, però, è interessante perché mette sempre più in chiaro come lo schieramento filo-ucraino non sia affatto compatto, di là delle dichiarazioni di facciata che si devono fare in questa sorta di “guerra per procura umanitaria” in difesa del popolo ucraino attaccato proditoriamente dall’orso russo.

Dichiarazioni di facciata, appunto. A ben guardare, infatti, i costi e i ricavi dell’agire spedendo armi (a pagamento differito ma pur sempre a pagamento: sul significato di questa faccenda ritorneremo più avanti) non sono certo ben distribuiti tra i paesi dell’Unione Europea da un lato e quelli anglosassoni – Stati Uniti e Gran Bretagna. Partiamo dall’assunto che i governi non sono affatto spinti da motivazioni umanitarie, altrimenti dovrebbero agire di continuo in mezzo pianeta, cosa che evidentemente non fanno anche in casi dove le ragioni dichiarate per la guerra per procura in Ucraina sarebbero ancora più forti ed evidenti. Gli stati si muovono per ragioni esclusivamente di potere, di controllo dei territori e delle loro risorse: sono le singole persone e associazioni che lo fanno per motivi umanitari. Allora va notata qui una cosa particolare: in questa guerra per procura umanitaria chi ci perde di più è chi ci guadagna di meno e viceversa.

Iniziamo a vedere, infatti, come la parte del leone nella spedizione di armi all’esercito ucraino la facciano e non da adesso Stati Uniti e Gran Bretagna.[1] Si tratta di decine di miliardi di euro – in una botta sola gli Stati Uniti d’America ne hanno recentemente stanziati 40[2] – che non sono per nulla aiuti gratuiti: accettandoli, l’Ucraina gli sta praticamente vendendo anche le proverbiali mutande. Anche se vincesse la guerra, di fatto dovrebbe cedere mezzo territorio – in particolare le zone agrarie, quelle che forniscono una fetta consistente della produzione mondiale – per ripianare i debiti. In altri termini, di fatto per l’Ucraina la volontà di entrare a tutti i costi nell’Unione Europea e, soprattutto, nella NATO, potrebbe significare, persino in caso di vittoria, la riduzione ad una colonia di fatto, soprattutto dei paesi anglosassoni.

Dicevamo che la parte del leone in termini di aiuti militari la fanno i paesi anglosassoni, il che significa che la parte di gran lunga minore la fanno i paesi dell’Unione Europea – in compenso, sono quelli che pagano il prezzo maggiore delle sanzioni economiche, in particolar modo delle ultime che vanno a toccare l’importazione delle materie prime per la produzione di energie, gas e petrolio. Infatti, se prima i paesi dell’Unione Europea importavano una fetta così consistente di tali materie prime dalla Federazione Russa non era certo per una particolare fascinazione verso Vladimir Putin: era perché costavano decisamente meno degli equivalenti provenienti da altri paesi e, se fosse stato possibile, ne avrebbero importato una quantità ancora maggiore. Il tutto ipotizzando un dato che, invece, non è affatto scontato: quello di riuscire a rimpiazzare completamente le quantità provenienti dalla Federazione Russa – gli altri paesi produttori hanno certo delle scorte disponibili ma non è detto affatto che se ne debbano/possano privare del tutto. A proposito: tra i paesi produttori di materie prime energetiche a maggior costo, già dichiaratisi benignamente disponibili a vendercene un po’ per soppiantare le importazioni russe, ci sono proprio Stati Uniti d’America e Gran Bretagna…

In pratica i paesi dell’Unione Europea sembrano allegramente avviarsi verso una pesante recessione, senza nemmeno una seria contropartita coloniale verso la povera Ucraina: siamo, cioè, di fronte a una situazione di plateale sudditanza verso i paesi anglosassoni che occorre spiegare. Certo, i mal di pancia di tutta una serie di paesi dell’Unione Europea sono palesi. A parte la posizione dell’Ungheria – di fatto collocatasi nel campo “filorusso” – ed altri paesi minori, i grandi paesi fondatori come Francia e Germania danno continui segni di insofferenza verso una situazione in cui non vorrebbero mai essersi cacciati e, ad essi, ultimamente sembrerebbe essersi affiancata la stessa Italia. Infatti, una possibile lettura del cosiddetto “piano di pace” italiano[3] è che esso non fosse rivolto ad Ucraina e Federazione Russa – cui fra l’altro non è mai stato consegnato… – bensì un messaggio politico rivolto ai paesi anglosassoni: per favore, accettate che Crimea e Donbass passino alla Federazione Russa, divoratevi coi debiti contratti l’Ucraina e (sottinteso) lasciateci gradatamente sospendere le sanzioni che fanno più male a noi che a Mosca. Non è paradossale, allora, che la risposta più conciliante e formale sia stata quella della Federazione Russa, mentre quella Ucraina è stata decisamente più sgarbata, essendo il governo ucraino evidentemente espressione del governo a stelle e strisce, che avrebbe così mostrato insofferenza verso una minima richiesta dei suoi alleati. Insomma, l’unica voce platealmente appiattita sulla posizione dei paesi anglosassoni del presidente della Commissione Europea, sembra smentita dalle dinamiche dei governi nazionali.

Perché allora i paesi dell’Unione Europea non si sganciano da una situazione evidentemente per loro negativa e palesemente tale? Per capire questa cosa occorre fare capo a due concetti, già ricordati in un nostro articolo precedente.[4] Innanzitutto come sostanziava nelle sue analisi scientifiche David Graeber, nella prassi economica è dominante il ruolo che nelle relazioni di potere ha la violenza e/o anche la semplice minaccia, esplicita o implicita, di essa. La superiorità militare di uno stato gli permette, in altri termini, di condurre il gioco economico a discapito degli altri. Ora, gli Stati Uniti d’America con il suo enorme esercito e le sue 6.000 testate nucleari, di fatto, sono l’“ombrello protettivo” dei paesi NATO: sganciarsi da esso non è facilissimo ed anche l’ipotesi di un esercito comune dell’Unione Europea non avrebbe la stessa forza. Di conseguenza, sempre continuando ad utilizzare una categoria graeberiana, i paesi dell’Unione Europea stanno pagando un “tributo” al paese imperiale.

Questo tributo pare ad alcuni paesi, oggi, evidentemente troppo pesante. Viste le cose dal punto di vista del dominio imperiale a stelle e strisce, però, occorre che questo tributo sia pagato. Il dominio imperiale non può accettare contrattazioni con i suoi sudditi, soprattutto in un caso nel quale la vittoria sul campo della Federazione Russa porterebbe a un suo oggettivo ridimensionamento e alla consacrazione di un polo imperiale parallelo e alternativo, come prima del 1989. Per questo “Kiev deve vincere” a tutti i costi. Il problema è quali siano questi costi: la notizia ufficiosa dell’invio di navi militari a scorta dell’uscita del grano dal porto di Odessa[5] delinea uno scenario potenzialmente apocalittico, con le flotte della Federazione Russa e quelle della NATO a diretto confronto. Ci hanno ridotti a sperare nell’equilibrio del terrore.

NOTE

  1. https://www.limesonline.com/cartaceo/le-armi-della-nato-allucraina

  2. https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2022/05/19/ucraina-via-libera-senato-usa-ad-aiuti-per-40-miliardi_cc3e76f2-9bfa-4878-be36-d061169fa856.html

  3. https://www.ilpost.it/2022/05/25/piano-italiano-pace-ucraina/

  4. VOCCIA, Enrico, “Guerra e Potere Economico”, in Umanità Nova, n. 16, 15 Maggio 2022, pp. 2-3.

  5. https://www.difesaonline.it/geopolitica/brevi-estero/navi-da-guerra-britanniche-e-non-solo-romperanno-il-blocco-navale-russo-nel

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